La criptovaluta si diffonde in maniera crescente e non viene più utilizzate solo come una forma di investimento alternativo ma come un effettivo strumento di pagamento corrente. Molteplici i quesiti aperti in relazione alla criptovaluta uno di questi riguarda la possibilità di utilizzarle quale bene conferibile in società – e specificamente in società di capitali – al fine di liberare le partecipazioni sottoscritte dal socio, tanto in sede di costituzione quanto in sede di aumento del capitale.
La giurisprudenza pare non avere dubbi in merito. Il tribunale di Brescia con decreto 7556/2018 respinge infatti l’istanza di omologazione con la quale la società che aveva di fatto effettuato l’operazione di aumento di capitale con criptovaluta si era trovata di fronte al rifiuto di iscrizione opposto dal Notaio.
Il veto sull’aumento di capitale con conferimento di criptovalute sembra essere dunque un dato di fatto imprescindibile.
Come ben spiega Pietro Fazzini: “La risposta all’interrogativo principale dipende, in sostanza, dalla riconducibilità o meno delle criptovalute – che nella prassi vengono prevalentemente impiegate come strumenti di pagamento – al concetto (invero assai più ristretto) di “moneta avente corso legale”. In materia di società di capitali, infatti, la disciplina dei conferimenti a capitale è rigidamente disciplinata, al fine di garantire che i beni acquisiti nel patrimonio della società siano suscettibili di valutazione economica e possano essere oggetto di esatta valutazione quanto al loro valore; il tutto con l’obiettivo di garantire la corretta formazione del capitale stesso ed evitare l’emergere di capitale c.d. “fittizio”.
Il codice civile prescrive in basse all’articolo 2464 che un bene per essere oggetto di conferimento deve essere suscettibile di valutazione economica, il tribunale ha evidenziato come non si potesse fare affidamento sul valore di mercato della criptovaluta, e non solo mancava qualsiasi riferimento alla modalità di esecuzione di un ipotetico pignoramento.
Il Notaio Busani evidenzia “come questo è un dato assolutamente rilevante “alla luce della notoria esistenza di dispositivi di sicurezza ad elevato contenuto tecnologico che potrebbero di fatto rendere impossibile l’espropriazione senza il consenso e la collaborazione spontanea del debitore”.
Al momento dunque la legge italiana non attribuisce alle stesse natura di moneta, salvo che a limitati fini fiscali né tantomeno valore legale lasciando quindi aperto il loro inquadramento nelle categorie residuali e pertanto si esclude che esse possano essere usate per l’aumento di capitale di Srl.
L’evoluzione di questo percorso certamente andrà di pari passo con i cambiamenti della società, con l’evoluzione stessa del concetto di pagamento e delle modalità in cui esso avverrà, per il momento i tempi sembrano essere ancora prematuri.
(busani sole 24 ore; pietro fazzini)