Questo è il racconto di un documento giuridico che ha segnato la storia della lingua italiana e che vede come protagonista un notaio.

Il processo di formazione ed evoluzione linguistica è un fenomeno graduale che si interseca con fatti storici e aspetti culturali secolarizzati, ma ci sono alcuni eventi che cristallizzano la storia linguistica e forniscono prova concreta di questo iter.

In Italia, quello che potremmo definire metaforicamente come l’atto di nascita della lingua italiana è stato scritto da un Notaio.

Correva l’anno 960 d.C. quando il notaio Atenolfo, nell’adempimento delle sue funzioni professionali, trascrisse su di un documento ufficiale per la prima volta nella storia una frase in lingua volgare: Sao ko kelle terre per kelle fini que ki contene trenta anni le possette parte Sancti Benedicti.

Questa traccia dell’evoluzione della nostra lingua ci ricorda l’immenso contributo dell’attività notarile alla cultura italiana, perché dietro ogni certificato, attestato o scrittura si cela un’orma dell’identità storica del nostro Paese.

COSA È IL PLACITO CAPUANO?

Con il termine placito ci si riferisce ad un documento contenente la sentenza pronunciata da un’autorità giudiziaria in epoca medioevale.

Il Placito Capuano, universalmente riconosciuto come il primo documento ufficiale della lingua italiana, riporta il parere legale dello iudex cibitatis Capuane Archesi circa un contenzioso tra due parti per stabilire la legittimità territoriale di un appezzamento.

Questa scrittura fa parte di un corpus di sentenze annoverate come Placiti Cassinesi: quattro documenti riguardanti diaspore legali di beni posseduti dall’Abbazia di Montecassino e ubicati nelle località di Sessa Aurunca e Teano, oltre Capua.

Il Placito Capuano, citato anche da U. Eco ne “Il nome della rosa”, è attualmente conservato nella Biblioteca Statale del Monumento Nazionale di Montecassino e in suo onore è stato eretto un cippo commemorativo per volere dell’Accademia della Crusca.

IL CONTENZIOSO: NOTAIO E TESTIMONI

Quando nel 949 l’ abate di Montecassino e Capua Aligerno riuscì a riportare la comunità benedettina a Montecassino trovò parte dei propri appezzamenti occupati illecitamente dall’aquinate Rodelgrimo del Lupo.

Il processo si svolse secondo il diritto germanico, ovvero innanzi il Palazzo dei Principi Longobardi, al cospetto della corte del Principe.

Il giudice Archesi deliberò in favore dell’abate che aveva convocato tre testimoni a supporto della propria tesi difensiva: il diacono Teodemondo, il monaco Mari e il notaio, oltre che chierico, Gariperto.
Questi, innanzi al giudice proclamarono le seguenti parole: “Sao ko kelle terre per kelle fini que ki contene trenta anni le possette parte Sancti Benedicti”, che oggi tradurremmo “So che quelle terre, delimitate da quei confini, da trent’anni sono possedute dai monaci benedettini”.
La frase, ormai celebre venne prontamente trascritta in volgare, senza alcuna traduzione latina, dal notaio incaricato Atenolfo, che entrò così nella storia della lingua italiana.

IL PATRIMONIO LINGUISTICO

All’epoca era prassi redigere gli atti giuridici in lingua latina, seppur il dibattimento si tenesse in italiano. Scrivere in volgare significò conferire dignità formale a una nuova lingua che si stava facendo spazio nei contesti più istituzionali.
Non vi è possibilità di asserire con certezza le motivazioni che portarono Atenolfo a questa decisione, ma di sicuro questa scelta facilitò la fruizione e la comprensione delle cause che spinsero il giudice a dichiarare l’abate come l’effettivo proprietario dei 20.000 ettari.

Analizzando il testo vi sono numerosi spunti interessanti dal punto di vista linguistico:

  • Sao: l’utilizzo di questo termine, al posto del più comune ma altrettanto colloquiale “sozze” usato in quegli anni in Campania, esprime l’intenzione di comunicare con termini formali.
  • Parte Sancti Benedicti: l’uso del genitivo e il latinismo è collegabile al soggetto della frase, ovvero un ordine ecclesiastico.

Studiare la storia della professione notarile ci permette di comprendere l’importanza sociale del Notaio e la sua evoluzione. I Notai sono testimoni del procedere del tempo e guardando al futuro di questa professione, gli strumenti tecnologici faciliteranno questo arduo ma fondamentale onere-onore.
Le soluzioni digitali di Bit Sistemi nascono con questo ambizioso obiettivo: affiancare i notai lungo il processo di digital trasfromation.